LE OPERE RACCONTATE DALL'ARTISTA
"Ecce Homo": Il Volto della Sofferenza Contemporanea
Con quest'opera (Ecce Homo - acrilico su tela cm 60 x 80 x 3,5) propongo una rilettura
viscerale dell'iconografia sacra dell'"Ecce Homo", trasponendo il momento in cui Pilato
presenta Gesù alla folla in una chiave inquietante e rigorosamente contemporanea. Se la
tradizione evoca il martirio divino, la mia riflessione si concentra sulla vulnerabilità umana di
fronte alle dinamiche del potere odierno.
La composizione è essenziale: una figura a mezzo busto emerge da un nero assoluto,
scolpita da un’illuminazione cruda che ne accentua la drammaticità. La scelta di una palette
limitata a bianchi, neri e grigi non è un mero esercizio stilistico ma uno strumento per
conferire all'immagine un senso di gravità atemporale. L'uomo ritratto, col capo rasato e lo
sguardo attonito, incarna una sofferenza che trascende il misticismo per farsi carne, realtà
e denuncia.
L'elemento di rottura, fulcro concettuale del dipinto, è la corona di spine. Ho scelto di farla
scivolare dalla fronte al collo, trasformando il simbolo del martirio in un collare di
oppressione. Non è una costrizione metallica, forgiata dall'uomo ma un rovo organico e
primitivo che cresce e si avvinghia. Posizionato sulla gola — sede della parola e del respiro
— il rovo suggerisce un dolore che soffoca la voce e inibisce la libertà, simboleggiando un
fardello non scelto ma imposto, che si sviluppa inevitabilmente nel tessuto sociale
avviluppando l'individuo.
Questa trasposizione rende l'opera uno specchio della nostra epoca. Le spine
rappresentano le costrizioni invisibili della vita moderna: i ritmi asfissianti, la precarietà,
l'ansia da prestazione e l'alienazione. Oggi, l'uomo viene troppo spesso "crocifisso"
mediaticamente, esposto al giudizio polarizzante dei social network e della politica, dove la
fragilità viene strumentalizzata anziché accolta.
Questo "Ecce Homo" è il volto di chi sta ai margini — il migrante, il povero, la vittima di
ingiustizie sistemiche — ma è anche il riflesso di ognuno di noi. Non chiede pietà, ma
riconoscimento. Costringe lo spettatore a guardare negli occhi non un martire lontano ma
un proprio simile che indossa il dolore come un accessorio amaro.
Realizzata nel 2025 come parte di una serie di ritratti introspettivi dedicati alla resilienza e
alla fragilità, l'opera utilizza la matericità dell'acrilico per dare corpo a un realismo senza filtri.
L'arte, qui, si fa specchio scomodo: la frase "Ecco l'uomo" cessa di essere un riferimento
storico per diventare una constatazione perenne della nostra comune condizione umana.
Limoni
L’opera è un acrilico su tela cm 80 x 90
In questa composizione, realizzata nel 2025, ho cercato di travalicare la semplice natura morta per approdare a una dimensione onirica e quasi surreale. La scena è dominata da una catasta di limoni che occupano interamente la parte inferiore del quadro. Non sono limoni comuni; il loro colore è un giallo-verde denso e misterioso, quasi fosforescente nel buio. Giacciono su un piano d'appoggio dalla tonalità calda e vibrante, un rosso-arancio terroso che funge da controcanto al verde acidulo dei frutti.
Lo sfondo è un vasto abisso di verde scuro, quasi nero (falso nero) lavorato con pennellate fitte che creano una consistenza vibrante e cupa. È l'elemento che amplifica l'effetto onirico: i limoni sembrano emergere da un'oscurità primordiale, galleggiare in un sogno denso e silenzioso. La luce è teatrale, irreale, colpisce i frutti scolpendoli con ombre profonde che ne esaltano la tridimensionalità e la protuberanza del peduncolo.
Il tratto espressivo è il cuore pulsante dell'opera. Le pennellate sono decise, quasi rudi, non cercano il dettaglio iperrealista ma l'impatto emotivo della materia. Ogni limone è un piccolo ritratto, con una sua unicità data dalla consistenza ruvida e irregolare dell'acrilico. Li ho dipinti in modo che trasmettano un senso di peso, di massa accumulata, un accumulo quasi ossessivo che sfida la tranquillità della natura morta tradizionale. La potenza del segno e la saturazione del colore sono gli strumenti con cui ho voluto conferire a questi semplici frutti un'inedita e suggestiva intensità psicologica.
Con questo dipinto ho inteso instaurare un dialogo tra la tematica tradizionale della natura morta, l'ossessione per la forma della Pop Art e l’atmosfera sospesa e psicologica che è tipica del Surrealismo o della Metafisica.
"Scorcio Urbano" (2014)
Acrilico su tela su fondo con pasta strutturale cm 60x80x3
Quando guardo "Scorcio Urbano", non vedo solo una tela: vedo il battito del mio cuore per la Sicilia. Questo dipinto è il mio amore per la mia terra d'origine, un ricordo denso e materico, stratificato come la storia sulle antiche facciate che ho voluto rappresentare.
Ho scelto l'acrilico, ma ho voluto che fosse vissuto, spesso, quasi scultoreo, applicandolo su un fondo di pasta strutturale. Volevo che l'osservatore potesse quasi toccare l'aria vibrante delle mie memorie. Per me, la Sicilia è fatta di questi contrasti: la ruvidezza della pietra, la dolcezza dei tramonti che incendiano il cielo.
Ho intinto i pennelli in un rosso aranciato e un verde profondo e saturo. Questo non è un rosso di allegria sfacciata, ma il colore della terra lavica, del tufo che resiste al sole, della passione e della sofferenza che definiscono la mia Isola. Le architetture, le cupole, i vicoli che si innalzano — sono tutti compressi e sovrapposti, un ammasso caotico eppure armonioso di case che si stringono le une alle altre, quasi a farsi forza contro il tempo.
Il verde aspro dello sfondo è la lotta di un popolo dal passato glorioso che vuole emergere, il cielo denso prima della tempesta, o forse, semplicemente, la nostalgia. Sono le quinte su cui si staglia la mia verità: la Sicilia è una terra dalle sfumature agrodolci. C'è l'ardore bruciante dei ricordi più felici e c'è la malinconia, la consapevolezza del tempo che passa.
In ogni pennellata, in ogni rilievo della pasta, ho lasciato un pezzo di me, un frammento di quella bellezza complessa e indimenticabile. Questo è il mio omaggio, la mia confessione visiva, il mio scorcio sull'anima di un Luogo che non mi lascia mai.
Fichi d’India (sera di fine estate)
Ho realizzato quest'opera con la tecnica della pittura acrilica su tela nel 2025.
Fin dal primo tratto, l'ho concepita come una incondizionata dichiarazione d'amore per la mia terra, la Sicilia.
L'intera superficie è ricoperta da una fitta e dinamica composizione di pale e frutti di Fico d'India.
La palette cromatica, intensamente satura, è studiata per generare una forte tensione visiva.
Lo sfondo, dominato da un rosso profondo, si fonde con le pale più mature. Questo tono suggerisce la fase del crepuscolo e il calore inebriante di una tarda estate.
I verdi, scuri e smeraldo, delle pale si affiancano ai rossi in un dialogo di forte contrasto ma reciproca corrispondenza.
I frutti sono un vero e proprio caleidoscopio di gialli dorati, arancioni vividi e rossi porpora.
Ho giocato intenzionalmente con l'accostamento di colori complementari (rossi e verdi) per rendere i fichi d'India quasi pulsanti. L'uso di colori analoghi (rossi, arancioni, gialli) dona all’immagine profondità e una transizione cromatica organica.
Le forme non sono rigidamente realistiche; fluttuano e si ammassano in modo denso e armonico. Ho ricercato un'atmosfera profondamente onirica ed espressiva: un ricordo vivido ma avvolto in una dolce sfocatura.
La preparazione del supporto pittorico è un elemento chiave dell'opera. Ho scelto di imprimere il fondo con una generosa quantità di pasta strutturale acrilica, trasformando la superficie della tela in un campo d’azione tattile e non convenzionale.
Questo è il mio tributo sensoriale agli assolati muri delle campagne siciliane. Volevo che l’opera "respirasse" il calore e la ruvidità delle facciate esterne, segnate dal sole, dal vento e dal tempo. Chi osserva il dipinto percepisce quasi la grana della calce, dell'intonaco grezzo, riscaldato da una giornata estiva.
Ho steso il colore in modo che emergesse dalle creste e si depositasse nelle valli, amplificando la vibrazione e la casualità della luce che si infrange su un piano frastagliato.
Quest'opera vuole restituire all’osservatore un profondo senso di legame e nostalgia. Ogni elemento evoca i miei ricordi di gioventù in Sicilia: le estati assolate, il profumo della terra arsa e il sapore dolcissimo di quei frutti raccolti al tramonto.
È la mia maniera di tenere stretta una parte di me che è lontana, trasformando la malinconia in pura, vibrante energia visiva.